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Curiosità

Penuria di cani da lavoro: la parte nascosta che non conosciamo

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Pandemia da Covid-19 da una parte e crisi della catena di approvvigionamento dall’altra stanno determinando una crisi inattesa: quella dei cani da lavoro e, in particolar modo, i cani specializzati in alcune attività ad alta specializzazione.

L’allarme, che arriva dagli Stati Uniti, sembra in realtà riguardare molti altri Paesi del mondo, alle prese con una difficoltà che fino a non troppi anni fa sembrava essere lontanissima da immaginare.

Gli Stati Uniti soffrono di una grave carenza di disponibilità di cani antibomba

Il risultato? La carenza di cani lavoro e, in particolar modo, di cani anti-bomba, potrebbe diventare molto grave e mettere in difficoltà alcuni settori.

Cosa sta succedendo negli Stati Uniti

Un buon esempio di quel che sta avvenendo ci arriva dagli Stati Uniti, un Paese che importa dall’estero fino al 90% dei cani anti-bomba, soprattutto da alcuni Paesi europei come la Germania.

Un cane antibomba in azione

Questi cani non sono, evidentemente, comuni. Si tratta di quattro zampe che ricevono un approfondimento particolarmente approfondito, in diverse specialità, spesso per diversi anni. La genetica, l’addestramento e l’ambiente sono dunque un mix vincente per sviluppare una nuova generazione di questi professionisti.

Un problema più serio di quanto si potesse immaginare

Accerta al straordinaria importanza dei cani anti-bomba, si può ben comprendere che cosa sia accaduto di negativo negli ultimi anni: il numero di “nuovi” cani professionisti è infatti diminuito per le note difficoltà che si sono affrontate, con la conseguenza che gli Stati Uniti stanno importando meno esemplari.

Non solo, con un minore ricambio dei propri cani, il risultato ulteriore è che quelli che sono attualmente impiegati sono più anziani e stanno subendo un vero e proprio sovraccarico di lavoro.

Di qui, sottolineano alcuni esperti, la necessità impellente che nel Paese si lavori per poter sviluppare una generazione locale di cani anti-bomba. Un allarme che era peraltro stato lanciato in tempi non sospetti dal Penn vet working dog center della University della Pennsylvania, che sottolineava come importando i cani dall’estero gli Stati Uniti rinunciassero sostanzialmente al controllo sulla tipologia, sulla salute e sull’addestramento nei primi anni, oltre ad essere vulnerabili (cosa che è poi effettivamente accaduta) alle interruzioni delle forniture che possono essere causate dalla politica, dai disastri o da malattie.

L’allarme non venne però ascoltato e, con l’avvento della pandemia, i rammarichi per non essere prontamente intervenuti sul tema sono cresciuti tantissimo. Oggi gli USA si trovano dinanzi a una situazione di grave carenza nella disponibilità dei cani anti-bomba e non sanno come colmarla.

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