Uno studio mette in luce quelle che sono le principali attività preferite del gatto domestico quando esce di casa non tralasciando il suo impatto ambientale.
Secondo un recente studio sugli animali domestici ci sarebbero molte cose che diamo per scontato riguardo alla permanenza dei gatti all’esterno delle nostre abitazioni. La libertà è uno degli aspetti fondamentale della vita di un gatto. Non tralasciare la sua parte selvatica, pur vivendo a contatto con gli umani, permette infatti di salvaguardare il suo benessere a lungo termine. Quando pubblicato dalla rivista scientifica statunitense “Nature Communications” tende ad approfondire la questione riguardante la loro vita lontano dai nostri occhi.
Se non siamo noi stessi ad accompagnare il gatto a fare una passeggiata può risultare difficile rendersi pienamente conto di quelle che sono le attività preferite del micio durante le sue tipiche avventure in esterna. Eppure, grazie ad alcune recenti tendenze in rete, è stata svelata la possibilità di osservare curiosamente i loro itinerari grazie a una piccola telecamera da installare sul loro collare.
In alternativa a questo metodo, però – tanto soggettivo quanto legato anche a una qualche forma di intrattenimento sui social network – le ricerche portate avanti dall’Università di Auburn degli Stati Uniti possono fornire già alcune risposta certe su quel che accade quando è il a gatto a chiederci di uscire da casa per diverse ragioni:
Quando un gatto esce all’esterno il suo istinto predatorio si risveglia e – a tal proposito – gli studiosi avrebbero approfondito la questione per comprendere quanto i loro comportamenti in relazione ad altre specie animali, possano rappresentare un rischio specialmente per quelle che sono considerate dagli esperti a rischio estinzione. L‘impatto ambientale dei gatti domestici si dimostra, con il passare del tempo, sempre più un pericolo per gli animali che cacciano istintivamente.
Fra le prede dei gatti vi sarebbero – nel mondo – oltre 2.084 specie di animali. Tra cui diverse specie di uccelli, rettili, mammiferi, ma anche e seppur in minima parte: di insetti e anfibi. Non tutte queste specie rappresentano una reale preoccupazione per gli studiosi, dal momento che, come si sottolinea nella pubblicazione oltreoceano, soltanto 347 di queste sono considerate – ad oggi – a rischio conservazione. Un esempio lampante potrebbe essere quello della tartaruga verde.
Trovare una soluzione adatta al problema potrebbe non essere così semplice, suggeriscono gli studiosi. Sopratutto dal momento che privare un gatto della propria libertà significherebbe fare un danno non indifferente comunque a un altro animale.
Ad ogni modo il rischio che l’ecosistema venga definitamente alterato è ora imminente e soprattutto sotto gli occhi di tutti. Una delle soluzioni proposte dagli esperti sarebbe quella di monitorare le zone in cui queste realtà proliferano in modo ingente e organizzare dei piani di difesa mirati a salvaguardare gli ecosistemi a rischio limitando la caccia dei gatti soltanto in alcuni luoghi meno popolati da specie a rischio conservazione.
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