Stando a quanto sostiene un recente studio internazionale, sia i batteri resistenti agli antibiotici che i geni si trasmettono tra cani e gatti sani e i loro proprietari.
Ad affermarlo è un’analisi condotta da un gruppo di ricercatori del Regno Unito e del Portogallo, che sottolinea l’importanza della gestione del contatto tra animali da compagnia sani ed esseri umani per la diffusione di batteri resistenti che possono portare a infezioni potenzialmente non curabili.
Quali sono i principali riflessi dello studio? In che modo potrebbe impattare sulle nostre abitudini di comportamento nei confronti dei pet?
Cosa ci dice il nuovo studio
Stando a quanto afferma lo studio condotto dalla Juliana Menezes dell’Università di Lisbona in Portogallo e dalla dottoressa Sian Frosini del Royal Veterinary College, Regno Unito, e colleghi, i cani e i gatti domestici sani potrebbero trasmettere ai loro proprietari batteri resistenti agli antibiotici e geni che svolgono un ruolo chiave nella resistenza batterica.
Di qui, aggiunge la dottoressa, la necessità di prevedere programmi di sorveglianza continui per identificare il rischio potenziale per la salute umana.
Che il ruolo degli animali da compagnia come potenziali serbatoi di batteri resistenti agli antimicrobici sia una preoccupazione crescente in tutto il mondo non è d’altronde una novità. Si pensi, per esempio, ai batteri Escherichia coli, comuni nell’intestino di persone e animali sani: sebbene la maggior parte di loro sia innocua, alcuni possono causare gravi intossicazioni alimentari e infezioni potenzialmente letali, tra cui l’avvelenamento del sangue.
Cosa hanno scoperto i ricercatori
In questo studio i ricercatori hanno voluto scoprire come si diffondono questi batteri resistenti e quale relazione sussiste tra gli animali da compagnia sani e i loro proprietari. Per scoprirlo, sono stati reclutati solo animali e proprietari che non avevano avuto infezioni batteriche o assunto antibiotici nei 3 mesi precedenti l’inizio dello studio.
Sono dunque stati raccolti campioni di feci da 58 persone sane e dai 18 gatti e 40 cani che vivevano con loro in 41 famiglie in Portogallo e da 56 persone sane e 45 cani in 42 famiglie nel Regno Unito. Quindi, i campioni sono stati raccolti a intervalli mensili per quattro mesi e sono sono stati sottoposti a un sequenziamento genetico per identificare sia le specie di batteri presenti in ogni campione sia la presenza di geni di resistenza ai farmaci.
Così facendo, i ricercatori hanno scoperto che se a volte i batteri possono non essere condivisi, in realtà i loro geni di resistenza possono esserlo. Geni che, prosegue Menezes, si trovano in frammenti mobili di DNA, che come tali possono essere trasferiti tra diverse popolazioni batteriche negli animali e nell’uomo.
Insomma, i portatori sani possono diffondere i batteri nel loro ambiente per mesi e possono essere una fonte di infezione per altre persone e animali più vulnerabili, come gli anziani e le donne in gravidanza. Di qui, la necessità di fare attenzione nella gestione degli animali domestici, con particolare riferimento al contatto potenziale con escrementi e altre sostanze organiche.